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Obbligo, non piacere

Aggiornamento: 29 dic 2020

da piccola ho sempre amato immergermi in candide pagine solcate da inchiostro nero. Leggere era il mio porto sicuro in un’infanzia non sempre facile.

Per questo ho capito solo da adolescente il grosso trauma che ebbero molti miei coetanei e tanti bambini prima di me: l’obbligo della lettura. È giusto o no obbligare un bambino a leggere?


Leggere fa bene, apre la mente, istruisce, calma, allena la favella e il saper scrivere, tutto molto bello e molto vero, ma leggere deve, a mio modesto avviso, essere prima di tutto un piacere.


Un piacere che deve nascere da solo, con calma, quiete, esplorazioni ed errori.

Per questo non concepisco l’ostinazione di alcuni maestri e professori a obbligare stuoli interi di studenti a leggere un libro dall’inizio alla fine.


Libri poi che, se mi permettete, la maggior parte delle volte sono del tutto inadatti all’età o ai gusti dei malcapitati.



In prima superiore fu ordinato alla mia classe di leggere Il più grande uomo del pleistocene, libro carino, senza dubbio, ma che una classe di quattordicenni non poteva capire a fondo, soprattutto considerando che la maggior parte dei miei compagni aveva al massimo letto il sussidiario fino a quel punto.


L’anno dopo fui costretta a leggere un libercolo, di cui non ricordo nemmeno il nome, che decantava le lodi dei numeri primi. Sul serio?


Quando poi alla classe fu annunciato una verifica su La fattoria degli animali di Orwell, si scatenò il panico e la ricerca forsennata del film più simile al libro. Tanto clamore per un testo godibilissimo e molto corto che però, dato che era un testo obbligatorio, venne visto come il male più assoluto.


Per non parlare delle schede recensioni, il cielo ce ne scampi!


Le ricordo con molto astio. Beato chi non è mai stato costretto ad avercene a che fare, io dal mio canto passai tutte le elementari con questa spada di Damocle sulla testa: ogni qualvolta leggevamo un libro, dovevamo scrivere una recensione spassionata con tanto di nome dell’autore e impressioni (buffo come va la vita a volte, no?) e se c’era una cosa che odiavo ai tempi era scrivere. Badate, non la possibilità di poter parlare sinceramente e facilmente di ciò che passava per quella piccola testolina bionda, era proprio l’atto fisico di scrivere che mi infastidiva: sono sempre stata afflitta dalla maledizione di una pessima grafia, cosa che quando hai appena imparato a scrivere implica una maggiore fatica della mano e del polso, fatica amplificata dal disperato tentativo di vergare le parole in una forma più facilmente ammissibile e concepibile per le mie maestre (le quali non si sono mai risparmiate dal darmi compiti extra nel tentativo di far migliorare quella grafia a scarabocchio, con risultati, ahimè, piuttosto deludenti). Il problema fu però facilmente risolto da quello che ai tempi consideravo un atto di furbizia e sagacia, ma che oggi vedo per quello che fu realmente: un atto di compassione da parte della mia maestra di italiano; smisi semplicemente di compilare le schede recensioni, fingendo di non macinare tutti i libri che invece leggevo. Le mie maestre, persone sostanzialmente buone e preoccupate che i pargoli crescessero meglio possibile, capirono e mi lasciarono fare. L’importante era che leggessi, il mio italiano era già molto buono per la mia età, quindi le schede recensioni non furono considerate fondamentali per la mia educazione.

Per tanti non fu così.


Tanti, già di per loro piuttosto annoiati dalle parole scritte, smisero del tutto di leggere per potersi risparmiare questa tortura. Per alcuni fu solo una pausa, pausa interrotta poi alle medie o superiori dove potevi leggere come e quanto volevi in pace; per altri la rottura non fu mai sanata, arrivando alla maggiore età vantandosi di aver letto fino ad allora solo La Pimpa (storia vera, l’ho sentito con le mie orecchie) con conseguenze che, ho potuto constatare personalmente, impediscono la più basilare delle comunicazioni scritte.


La possibilità di leggere è un dono, un privilegio donatoci dall’essere nati in questa parte del mondo e in questo periodo della storia dell’umanità, è un diritto, è un dovere, ma non deve essere mai un’imposizione.


Volete che vostro figlio ami i libri? Leggetegli le storie prima di andare a letto, mostrate lui che voi in primis amate le pagine bianche solcate da inchiostro, riempite casa di libri di vario genere e lasciate che sia lui a esplorare.


Magari non leggerà mai nulla di sua spontanea volontà, ma magari un giorno lo troverete sdraiato in terra a sfogliare un libro su come allevare i lama in Nepal o la storia dei cuochi delle maggiori casate nobiliari della storia. A quel punto potrete accompagnarlo voi in biblioteca o in libreria, assecondare i suoi gusti, consigliargli cose nuove, insegnargli a uscire dalla propria zona di comfort per dedicarsi a letture diverse, potrete leggere lo stesso libro insieme e parlarne, potrete andare al cinema a vederne il fimo che ne è stato tratto e paragonarla all’opera madre, potrete vivere questa cosa come una passione in comune, nata con calma e pazienza.

E sarà bellissimo.

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